Oggi è stata una giornata di riposo “forzato” che abbiamo trascorso a gironzolare per Tokyo, un discreto allenamento visto che alla fine abbiamo marciato per una decina di kilometri. Siamo partiti da Asakusa, che avevamo visto ieri sera tardi mentre cercavamo un posto per cenare. Qui si trova il tempio di Sensoji e un enorme mercato di ninnoli e cibo per turisti stranieri e non. Ma anche alcuni negozi bellissimi che vendono statuette di porcellana, sumi-e e stampe del fine 1800, a prezzi ovviamente esorbitanti. Una lunga passeggiata ci ha portato attraverso Akihabara, il distretto “elettronico” che abbiamo un po’ ignorato, e poi chuoin, sede della banca centrale giapponese e fino a Ginza, luogo di shopping di alta classe, in pratica solo da vedere. A Ginza ho scoperto un negozio chiamato Itoya che vende articoli di ottimo design per la casa, i viaggi, ma soprattutto ha un reparto fantastico dedicato alla carta. Salendo al settimo e all’ottavo piano vi troverete catapultati in quello che per la carta può essere paragonato ad un negozio di alta sartoria in Italia. Carta fatta a mano di qualunque foggia, spessore, filigrana e colore possiate immaginare, con articoli per timbrare, sovrimprimere, tagliare e piegare. Beh la verità è che non potete immaginarlo, perché altrimenti avremmo un negozio così anche in Italia. E questo è l’elemento che mi colpisce di più della cultura giapponese, il sentire in modo concreto che se una cosa bella può essere creata allora non ci devono essere ostacoli alla sua realizzazione. Se la potete immaginare, se credete che anche una sola persona possa sentirsi innalzata dalla sua bellezza, allora quell’idea deve essere resa concreta ed essa naturalmente raggiungerà chi la aspetta. Anche l’idea che il pratico possa essere coniugato con l’estetica affiora in tutti gli oggetti. Non voglio completare il resoconto di questa giornata senza parlarvi anche di Aikidō quindi vi riporto alcuni pensieri che è tutto il giorno che mi tornano alla mente, frutto di una piacevole chiacchierata con Tina, una signora finlandese sopra la sessantina, molto piccola di statura, che segue da molti anni il maestro Endo. Mi diceva che pratica Aikidō da più di 40 anni, e al vedere la mia espressione di apprezzamento mi ha rimbrottato: “si è bello aver praticato per più di 40 anni, però c’è un unico problema. È che sono passati 40 anni! quindi molto probabilmente ne hai più di 60!” E siccome parlavamo di un praticante che un po’ di tempo fa avevamo preso in giro perché è un po’ rigido mi ha detto: “però sai se il tuo uke diventa rigido la colpa è nostra, siamo noi (Tori) che abbiamo fatto qualcosa che lo ha irrigidito, ma non lo vogliamo ammettere. È sempre difficile quando qualcosa non funziona, vogliamo sempre dare la colpa agli altri. Però sai che servirebbe? Che proprio in quel momento, quando il tuo compagno si irrigidisce nella sua risposta, qualcuno ti portasse uno specchio per vedere realmente come sei. E alla fine quando riesci a capire, è proprio uke che diventa il tuo specchio, quando si irrigidisce devi capire che stai sbagliando, accettare e cambiare te stesso.” È una riflessione che pronunciata così, con la semplicità di un cuore aperto, ho trovato molto profonda e mi torna continuamente in mente. Vi saluto, che domani ho un bel programma di pratica di tre ore, mattina il maestro Yasuno e la sera doppia lezione del maestro Osawa.