Viaggio in Giappone e Aikido: giorno 6 e 7

Venerdì avevo deciso di provare a fare di nuovo tre ore complete il sabato, anche perché sembrava che la temperatura stesse scendendo lievemente. Invece una cena riunione con Vittorio, un ragazzo che da quattro anni vive in Giappone per formarsi marzialmente prima nell’Aikido e poi nel Brazilian jujitsu si è trasformata in una lunghissima chiacchierata finita alle 4 di mattina. È stato molto interessante perché Vittorio ha conosciuto molto bene l’ambiente dell’hombu dojo e sebbene se ne sia allontanato sa dirti di tutto su ogni insegnante, dal pettegolezzo alle qualità tecniche. Comunque sabato quando mi sono svegliato presto per la lezione di Ito sensei, con meno di 4 ore di sonno, ho fatto giusto in tempo a registrare il tasso di umidità invariato, un vago mal di testa, e a piazzare la sveglia per la lezione successiva del primo pomeriggio. Quindi nel primo pomeriggio Yokota sensei ha condotto una lezione tecnicamente sempre molto interessante. Alcune varianti che presenta davvero non sapresti dove le peschi se poi non ti mostrasse subito in parallelo il taglio di spada che le ha ispirate. È solo strano che quelli che hanno maggiori difficoltà a registrare queste forme siano i suoi allievi che le seguono abitualmente. Boh! Purtroppo proprio uno dei suoi, dopo una correzione mi ha tirato giù così forte che non sono riuscito a dissipare bene l’energia della caduta, ho preso una bella ginocchiata sul cementatami. Sono tornato parecchio frustrato a casa perché un’altra giornata con una sola ora di pratica mi sembra davvero sprecata, tanto più che Vittorio mi aveva raccomandato Sugawara sensei, l’istruttore dei due ultimi turni. Comunque impacchi di ghiaccio e una discreta, diciamo, irrequietudine hanno fatto si che fossi di nuovo sul tatami per l’ultimo turno. Ne è valsa la pena, sono riuscito a gestire il ginocchio e a godermi una bella lezione. Atmosfera concentrata ma con non molte persone, e soprattutto pratica alternata per avere ancora più spazio sul tatami. Per la prima volta da quando sono in Giappone non ho avuto l’impressione di arrivare al limite dell’autocombustione entro i primi 30 minuti. Le tecniche sebbene classiche usavano angoli un po’ diversi dal solito, che si traducevano anche in timing diversi da quelli soliti, è stata una buona occasione di studio per me e per la giapponese con cui lavoravo, che si è lasciata scappare un “muzukashii” (è difficile!) su un sankyo con un cambio mano volante. Tornato a casa il ginocchio non sembrava essere peggiorato ulteriormente e la mia preoccupazione per quanto sarei stato in forma allo stage di Endo si era sopita. Altro ghiaccio e un buon sonno e sarei stato pronto.
Domenica mattina il risveglio più piacevole della settimana, faceva, anzi fa fresco. Appuntamento con Kojisan per raggiungere Saitama, cittadina vicino Tōkyō dove il maestro Endo, dopo una dimostrazione di quasi due ore fa una lezione speciale. La prima sorpresa è incontrare all’arrivo Ariga sensei, responsabile del dojo di Saku, il dojo fondato da Endo sensei. Ho sentito tutti parlare benissimo di lui e dovevo riuscire a praticarci sul tatami. La dimostrazione è stata piuttosto noiosa, si sono alternati gruppi e maestri continuamente, spiccano giusto due maestri abbastanza giovani , ed un ragazzo che fa da uke ad un maestro un po’ più anziano, ho un occhio buono e alla lezione successiva tutti e tre insieme ad Ariga si alternano come uke di Endosensei. La lezione è una tipica lezione di Endo che pone l’accento come sempre sul non restare chiusi in una gabbia, si arrabbia, bonariamente, per le stesse cose, e propone esattamente lo stesso lavoro che propone in Europa. Mi sono divertito parecchio, ho fatto ben due giri con Arigasensei, e poi beh lo ammetto ho fatto il “pirata”. Sono lì che ti trovo sempre il tipo che non si fa fare la tecnica, o che mentre la fai ti accenna un atemi alle costole e improvvisamente realizzo che sono a Saitama, dico a Saitama, ma quando cavolo ci torno? Chi mi obbliga ad essere per forza gentile, non ho bisogno di amici a Saitama. E allora quando il mio compagno rompe le regole del gioco le rompo anche io, mi tocchi le costole? Ti metto un dito nell’occhio. Non mi fai fare tenchinage, o iriminage perché ti ritiri invece di venire contro e allora non ti faccio fare più niente neanche io me ne sto solo fermo e morbido. Devo dire che invece di prenderla a male qualcuno cambia atteggiamento, qualcun altro rosica e basta, mi stanno bene entrambi i casi. Ad ogni modo è molto di più la gente con cui si riesce a lavorare che quella no e le due ore volano. Bello ritrovare un livello di pratica piuttosto alto, ma riconosco che si parla di un seminario e non di un singolo dojo, questo vuol dire che già che la gente si sia mossa implica che pratichi in un determinato modo. Torneremo su questo discorso quando completerò la mia esperienza all’hombu. Domani che è lunedì finalmente trovo il maestro Kanazawasensei rientrato dall’Inghilterra, e poi un’altra iniezione di Yokotasensei.

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