Oggi è stato l’ultimo giorno dell’orario dalle 11 alle 15, e devo dire che il lavoro è stato molto intenso, ho finito lezione che ero bello cotto. Prima di tutto il maestro ha affrontato il lavoro di morotedori, la presa di due mani ad un braccio, che lui chiede di eseguire portando il gomito in alto e saldando l’avambraccio al petto. È una posizione molto scomoda per Tori, perché Uke è fortissimo e provare a superarlo forzando non porta da nessuna parte. Per riuscire a rompere l’equilibrio bisogna davvero riuscire a rilassare le spalle ma mantenere forte il centro e riposizionarsi rispetto ad Uke. Ho avuto la fortuna di lavorare con Mya, una degli allievi più bravi del maestro Endo, forte in modo intelligente, reattiva ma stabile, è un’occasione di studio importante ogni volta che posso lavorarci insieme. Poi ho lavorato con Anne, finlandese anche lei, e qui è successa una cosa rivelatoria di quanta strada ho ancora da fare su tanti aspetti della mia persona, Anne mi ha corretto al primo tentativo di sbilanciarla: “cerca di rilassare la spalla”. Non conosco il grado di Anne ma una parte del mio Ego è montata su velocissima: “come osa? sono venti minuti che tengo le spalle rilassate, Mya non mi ha detto niente finora!”, per fortuna un’altra parte di me altrettanto velocemente mi ha detto “smetti di fare il coglione, ascoltiamo quello che ci ha detto, fai un controllo di questa spalla stupido!”. E beh aveva ragione Anne, la spalla poteva essere rilassata ancora, e l’effetto sull’equilibrio, o la sua rottura, è stato immediato. Scusa Anne, grazie Anne, sinceramente. Il lavoro con Anne da lì in poi è andato così bene che il maestro ci ha chiesto di continuare a lavorare insieme per un giro davanti a tutti. Quando vieni chiamato fuori davanti agli altri hai sempre la tentazione di aggiustarti perché non sai mai se stai per essere bastonato per aver fatto qualcosa di stupido, quindi mi sono dovuto imporre di continuare a fare quello che stavo facendo senza abbellimenti, in modo sincero, anche se mi fosse costato il momento di gogna pubblica. Dato che il maestro era soddisfatto credo che questa volta fossimo lì come esempio positivo (una volta il maestro Endo a Roma mi chiamò per dimostrare come NON fare la stessa tecnica, non è che si faccia problemi a smontarti). Un’idea che mi ha colpito è stata la spiegazione del perché non si deve battere sul tatami durante la caduta, ho sempre pensato fosse per una questione di rumore, invece la questione è più profonda, quando due persone lavorano studiando con attenzione, osservandosi, generano un’atmosfera “locale” tra di loro, e per somma di tutte quelle delle varie coppie un atmosfera globale. Quasi una bolla di concentrazione, una continuità senza interruzione di energia e movimento, battere sul tatami rompe questa bolla e distrugge questa atmosfera. Un altro concetto interessante è emerso su some conserviamo le informazioni che riceviamo, quando viviamo un’esperienza abbiamo bisogno di un momento perché quell’informazione sia assimilata e conservata, anche per questo è meglio lavorare piano, “è come quando leggete un manga, alla fine della pagina assimilate le informazioni, ed il tempo per girare la pagina vi permette di trattenerle, invece oggi con i telefonini, uno con lo swipe, scorrendo sullo schermo, vede tutto ma non mantiene niente”. Per il fantastico video dello Shinkansen sushi clicca qui
Dopo le onsen, sono uscito a cena con Stella e Craig, questa volta sushi, ed ho scoperto che i kaiten sushi, quei ristoranti dove i piattini giravano sul nastro stanno scomparendo, un po’ complice le nuove tecnologie che potrete ammirare nel video, un po’ per una perdita di quell’estrema educazione che ha caratterizzato i giapponesi a favore della ricerca del gesto sensazionale, e stupido, da caricare sui social!
Questo si un disastro, ma non l’ho combinato io!!
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Giappone 2023, Giorno 3
Anche oggi altre quattro robuste ore di lezione del maestro Endo, per fortuna il giro alle Onsen ha aiutato moltissimo per il recupero muscolare. Devo dire che si cade molto facilmente in questa buona routine sonno-colazione-pratica-onsen-cena-sonno e così via, nel breve periodo aiuta perché ti permette di lasciare il resto del mondo fuori e dare il 100% all’Aikidō, ma forse c’è anche il rischio di perdere il contatto con la vita quotidiana vera, mi accorgo infatti di leggere notizie sui giornali italiani su internet e di provare assoluta indifferenza. Comunque per qualche giorno si può. Oggi c’era già più gente sul tatami perché comincia la sequenza di festività che sono il 3-4-5 maggio, e sono il nucleo della golden week, una specie di ponte gigante che i giapponesi usano per fare un po’ di vacanza per una settimana. A parte quei matti degli Aikidoka che invece si dedicano alla pratica. Comunque complice l’arrivo di gente nuova il maestro ha ripetuto molte delle parole che ha detto ieri, ma la cosa non mi stupisce si tratta delle fondamenta del suo lavoro. 自分の経験=jibunnokeiken, la propria esperienza, tutto deve passare attraverso la nostra esperienza personale, per questo è necessario un’osservazione continua di quello che succede nella relazione con il compagno di pratica di momento in momento e perché succede. Anche gli insegnamenti del maestro vanno sperimentati di persona, se restano solo parole ascoltate non servono a niente, quindi ogni lavoro proposto si deve studiare, provare, sperimentare, e sentire, solo allora può essere acquisito. Cosa sentiamo, proviamo noi è il punto fondamentale, e quando sentiamo di essere bloccati dobbiamo essere in grado di cambiare, subito, senza rimanere incastrati, senza cercare di superare la resistenza con la forza scadendo nella rigidità, allora la nostra visione si allarga ed è possibile realizzare tutto il potenziale.
Torno sull’argomento allievi stretti di Endosensei perché mi sembra si ripeta un pattern, cominciano sempre gentili e molto cauti, al punto che ci resti per un attimo male, quasi deluso, poi pian piano che ti conoscono e si fidano si lasciano andare, e da lì comincia la giostra, il movimento varia continuamente, inseguono e sfruttano ogni apertura mantenendo continuamente la connessione. Oggi insieme ad Oiwasensei lavorando Ushirowaza ho passato un quarto d’ora interessante, ho finito che boccheggiavo. Il maestro è pure andato avanti con il lavoro del kodachi, ci ha proposto un paio di variazioni di parata e contrattacco e poi ci ha lasciato lavorare liberi in coppia, sono stato fortunato a poter fare questo giro con Atobesensei, molto studio, tranquillo e con molta attenzione a non farsi male. Poi di nuovo un giro alle onsen ed infine cena in compagnia di Mya e Pasi, finlandesi, Craig, sudafricano, Stella, cinese che vive a Tokyo, Hiro, giapponese che ha vissuto molto tempo in Europa, è il primo giro di ramen di questo viaggio e non era male.
Oggi non ho rischiato disastri, quindi giornata di grande successo.
Ah no, il maestro ha deciso di chiamarmi Marco Polo, non so se la cosa gli resti in memoria più facilmente o semplicemente lo diverta, fatto sta che pronunciando alla giapponese a me suona MarcoPoro, e nella mia mente romana automaticamente nasce il completamento PoroMarco!
Giappone 2023, Giorno 2
Da oggi comincia il seminario del maestro Endo a Saku, sono 5 giorni, i primi tre prevedono una pratica molto intensa, dalle 11 alle 15 con una pausa di trenta minuti a cavallo delle 13 per uno spuntino. Per fortuna dopo essermi svegliato alle tre e mezza di notte sono riuscito a rimediare un altro paio di ore di sonno. Quindi colazione e via ad allenarsi! Non è vero, prima ho appuntamento per incontrare il sindaco di Saku alle 9.15. Scopro che tutti gli stranieri sono riuniti al municipio per una conferenza, con tanto di copertura mediatica, di benvenuto, siamo una trentina tra finlandesi, svedese, canadesi, francesi, sudafricano, cechi, russi, americani e cinese. Ascoltiamo alcune parole di apertura del maestro Endo, ed il benvenuto del sindaco che ci ricorda che è il primo appuntamento internazionale ospitato al nuovo budokan, il bellissimo e nuovissimo centro sportivo dedicato alle arti marziali della prefettura di Nagano. Ci presentiamo uno ad uno e con il mio proverbiale fascino mi guadagno un’intervista personale a fine conferenza, diventerò una celebrità, specialmente per merito delle mie bellissime scarpe!
E poi inforcando la bicicletta finalmente al budokan per la lezione, il posto è bellissimo ed immenso, come al solito si devono lasciare le scarpe e ciabattare ovunque, ricordatevi quando viaggiate in Giappone solo scarpe senza lacci che si possano sfilare e rimettere velocemente!
Il maestro Endo è, contrariamente ai miei peggiori timori, assolutamente in forma, agguerrito più che mai, ci chiede di osservarlo attentamente ma soprattutto di osservarci attentamente, qual è la nostra condizione di momento in momento, perché riusciamo a sbilanciare, o a non sbilanciare, Uke, perché veniamo sbilanciati come Uke, se siamo reattivi, se stiamo usando la forza, se siamo flessibili fisicamente e mentalmente, se siamo pronti a cambiare o se invece restiamo incastrati su una sola idea. Cerca di illustrarci più e più volte il modo più semplice per fare qualcosa, e ci tiene che anche se lo spazio è grande di stargli vicino durante le spiegazioni perché ci sono tanti piccoli dettagli da catturare che sono importanti, come il taisabaki e la gestione della distanza. Una novità assoluta per me è l’uso del kodachi, o wakizashi, la spada corta, per lo studio degli atemi come shomenuchi e yokomenuchi. Una lezione bellissima dove ho modo di ritrovare sul tatami la super squadra degli allievi stretti del maestro, Arigasensei ovviamente, Watanabesensei, Oiwasensei, Arakawasensei, Shimizusensei, tutti molto gentili ma in grado di inserire il turbo una volta che ti inquadrano. E via le quattro ore finiscono lasciandoti ben esercitato nei muscoli delle gambe, ma non è un problema perché è il momento delle Onsen. Pare che tutta Saku sia in felice coesistenza con il vulcano locale ed il nostro albergo ospita le onsen pubbliche, le terme locali, con tanto di acque termali naturali. E via di alternanza fra acqua calda a 40°, sauna ad 85º, acqua fredda a 18º, a ciclo continuo per un’ora e mezza, esco che sono un budino! Un salto al dōjō per consegnare qualche pensiero acquistato in Italia per i maestri si trasforma in un invito a cena ed una splendida serata in bella compagnia, grazie sempre a Miki che interviene traducendo in inglese praticamente sempre. Maledetto giapponese che mi esce solo a singhiozzo.
Tutto bellissimo fino al rientro in albergo a cavallo della bici, devo dare per assodato purtroppo che non ho un buon rapporto con le due ruote, aggiungeteci una pessima visione notturna e Google maps che è entrato in modalità avventurosa, ed ecco che quasi piombo nel fiume della città dopo una bella discesa ad una ventina di km orari. Da dove sia sbucato il fiume non so, all’andata non c’era!
Comunque sopravvivo anche se raddoppio la distanza percorsa rispetto all’andata e finalmente sono pronto per un bel sonno rigeneratore!
Seeeeeeee magari! È l’ora della coinlondery, ovvero del primo lavaggio keikogi alla lavanderia a gettoni e solo dopo a nanna.
Oyasuminasai!
Bonanotte!
Giappone 2023, Giorno 1
Ed eccoci per un’altra cronaca del mio viaggio di studio in Giappone, beh sono passati solo quattro anni dall’ultima, quella del viaggio del 2019 e che ritrovate scorrendo più in basso nel blog. Parlo di viaggio di studio perché è un soggiorno tutto dedicato alla pratica dell’Akidō, ma se non sono tramortito dalle lezioni e mi scappa qualche giretto a Tokyo vi racconterò, però la vedo difficile dato che ho un programma serrato. Questo primo giorno lo volevo chiamare giorno zero perché era incentrato sul viaggio, ma vedremo perché ho cambiato idea alla fine. A proposito del viaggio, quest’anno ho volato con finnair facendo scalo ad Helsinki vanta per poi arrivare a Tokyo haneda, ho risparmiato un po’ sul prezzo del volo che dopo il covid è rincarato parecchio. La seconda tratta è stata molto lunga, tutto compreso lo scalo è arrivato tondo tondo a 19 ore, ma è la traiettoria che mi ha lasciato perplesso, passaggio sopra il polo nord, puntando quasi fino all’Alaska, attraversamento dello stretto di Bering, peccato non fossimo una nave però, e discesa verso il Giappone. Tutto il viaggio sul mare pur di evitare di passare sul territorio della confederazione russa. Quasi 4000 km in più rispetto alla traiettoria ottimale di 10000 km che si poteva fare prima.
Comunque atterraggio ad Haneda alle 14, ritiro del bagaglio e del pocket Wi-Fi, ricompro la carta Pasmo che serve a viaggiare per Tokyo in metropolitana senza diventare pazzi con i bigliettini e salto sulla keiyo Line express, arrivo a Shinagawa station, 5 minuti per comprare il biglietto ferroviario da lì fino a Saku kitanagami, poi una corsa per il locale per la Tokyo station, una super corsa per prendere al volo lo Shinkansen direzione Nagano, e salto al volo sul treno. Mi sento ancora in colpa per avere usato tutto il gaijin power sull’addetto al binario. Il gaijin power è quell’enorme dose di tolleranza che i giapponesi esercitano verso gli stranieri, per cose che non tollererebbero mai se fatte da altri giapponesi. Ad esempio saltare su da una tripla rampa di scale con 25 kili di bagaglio, trovare il treno sul binario, urlare all’addetto che sta dando il comando di chiusura delle porte se il treno va a Saku, non so in quale lingua, probabilmente italiano, e quando quello ti guarda attonito urlargli di nuovo SAKU??? indicando il treno, per poi lanciarsi in un vagone a caso quando quello fa forse un gesto di conferma è un atto piuttosto maleducato, non fossi stato straniero probabilmente sarei stato tirato fuori a forza per attendere il successivo. Perdonami gentile addetto. Comunque tutta questa fretta perché il maestro Ariga mi aveva detto che potevo partecipare alla lezione dalle 19.00 alle 21.00. A Saku daira cambio con il locale, due fermate con i ragazzi del liceo appena usciti da scuola, che mi osservano perplessi, ed eccomi, dopo 24 ore dalla partenza, all’hotel a Saku alle 18.15 dopo aver ritrovato Stella e Hiro. Frullo la valigia e mi ricordo che la bici mi aspetta al dōjō, li mortacci!!! Zaino da allenamento in spalla e a passo di marcia tre km in trenta minuti. Saluti, cambio e prima lezione della mia vita al dōjō di Saku diretta da Arigasensei. Interessantissima, apparentemente di base per la presenza dei kyu ma il maestro riesce a dare informazioni a più livelli, con tanto di suggerimenti per arrivare pronti al seminario del giorno dopo. A fine allenamento prendo possesso della bici, mi muoio di freddo tornando all’hotel, acquisto della cena al combini, ceno e vado in coma.
Insomma se ho già cominciato a fare Aikidō non può essere il giorno zero ma deve essere per forza il giorno 1. Yeahhh!
Tutto bellissimo, a parte quando alle tre e mezza di mattina mi sveglio tutto pimpante nella camera per il jet lag, Noooooooooooo!
Giappone e Aikidō 2.0: il lungo giorno 0
Questa volta sono tornato in Giappone scommettendo su una stagione ed un clima nettamente migliori. La mia prima esperienza a Tokyo gli ultimi giorni di agosto era stata ai limiti dell’insostenibile. Dopo un luglio a riposo forzato, il caldo sostenuto e l’umidità altissima, la pratica all’hombu dojo era stata molto difficoltosa, e meno godibile di quanto avessi sperato. Questa volta ho puntato alla fine di aprile e prima metà del mese di maggio, unici inconvenienti evitare il fermo delle attività legato alla golden week e il sovraffollamento dell’hombu dovuto al richiamo dell’imminente All Japan Demonstration. Quindi con un quasi perfetto incastro, si è partiti il 27 aprile per godersi tre giorni a Kyoto da turisti (sono accompagnato da Roberto e Giancarlo), purtroppo il dojo di Okamotosensei era chiuso, e poi spostarsi dall’1 al 5 a Saku per lo stage di Endosensei. Dal 6 a Tokyo per altri 9 giorni di pratica all’hombu dojo fino al rientro in Italia del 15, tenendosi lontani dall’All Japan enbu del 27.
I tre giorni a Kyoto sono stati magnifici ed impegnativi. Rivedere il Kiyomizudera (il tempio con una stupenda terrazza che si affaccia sul fianco della montagna e offre una vista bellissima), il Kinkakuji (noto come il padiglione d’oro), i bellissimi giardini Zen di pietra dei templi Daiseiin e Zuihouin nel complesso del Daitokuji e del Ryoanji, e la natura racchiusa nel tempio del Ginkakuji, è stata un’esperienza bellissima e profonda. Arricchita dalle osservazioni di Roberto, bonsaista amatoriale, su come vengano curate alberi e piante in questi giardini apparentemente naturali ma armoniosamente controllati dall’uomo. Domani mattina si parte presto per Saku, vicino Nagano e dalle 11 tutte le nostre energie saranno spese sul tatami sotto la guida del maestro Endo.
Vi tengo aggiornati
Ciao Marco
Piccoli grandi stage!
Nell’Aikikai d’Italia come in molte altre associazioni ogni anno vengono organizzati moltissimi seminari, che si svolgono generalmente nei fine settimana. Tutti questi seminari sono condotti da grandi maestri giapponesi (o europei, vedi il caso di Tissier ed altri) che vengono in visita in Italia per seguire lo sviluppo degli allievi che li hanno come punto di riferimento e da maestri di lungo corso italiani, che con la loro lunga esperienza cercano di tenere vivo l’enorme bagaglio tecnico dell’Aikido. In buona parte di questi casi a giovarsi dell’insegnamento sono soprattutto i gradi più avanzati, perché i grandi maestri hanno già un linguaggio molto articolato che porta avanti un discorso cominciato molto tempo fa. Non è impossibile inserirsi e imparare qualcosa, ma credo che nel caso di un principiante assoluto, o di quel filone in particolare, quello che uno ne possa ricevere è un’immagine di qualcosa a cui aspirare o di un lavoro che ha seguito uno specifico percorso. Quale percorso formativo deve seguire allora un praticante di Aikido? Se avete letto già altri articoli sul blog conoscete l’importanza che do alla pratica assidua nel proprio dojo sotto l’occhio attento del proprio responsabile, oltre questo ci sono piccoli stage che secondo me hanno un enorme valore formativo. Li definisco piccoli stage perché sono tenuti da maestri che sono 3°-4°-5° dan, che non hanno nomi molto conosciuti ma che come il vostro insegnante sono a loro volta responsabili di corsi frequentati da persone principianti ed intermedie. Non girano il mondo dalla mattina alla sera, ma con premura costruiscono una pratica solida per i propri allievi, costruiscono il loro linguaggio didattico arricchendolo di parole ed esempi che hanno visto permettere di raggiungere più facilmente la comprensione di una tecnica o di un movimento. Un esempio di questo genere di stage sono quelli organizzati dall’Aikikai Milano, il dojo storico fondato e sviluppato dal maestro Fujimoto e portato avanti dai suoi allievi oggi, che sono rivolti uno ai gradi mu, 6° e 5° e l’altro al 5°-4°-3° kyu, e che di solito sono tenuti tra la fine di gennaio e marzo. Soprattutto il seminario rivolto ai gradi intermedi è un’ottimo stage che ha visto alternarsi insegnanti molto validi (Emilio Cardia, Fabrizio Bottacin, Andrea Re, Laura Benevelli, Cristina Sguinzo), impegnati nel costruire un percorso didattico intorno alle tecniche di quei gradi specifici. Il valore di questo stage è così alto che ogni anno con la scusa di accompagnare i miei allievi vi ho partecipato arricchendo non solo il mio bagaglio tecnico ma anche didattico, cercando di fare mie le soluzioni di insegnamento ogni volta proposte. Si tratta di persone che si sono formate seguendo lo stesso modello didattico, il maestro Fujimoto, ma che ovviamente hanno assorbito e fatto proprio il suo metodo secondo le proprie inclinazioni. Questo ha una grande importanza perché a volte un mio allievo che si è arenato su una mia spiegazione grazie ad un modo comunicativo differente riesce a superare l’impasse. Più o meno per lo stesso motivo questi “piccoli” stage sarebbero il modo migliore per avvicinarsi ad una pratica che magari si trova interessante ma che non si è ancora avuto modo di sperimentare pienamente perché differente da quella solita del proprio dojo. Vedo molte persone condividere sui social i video del maestro Fujimoto, pieni d ammirazione per la bellezza ed ampiezza dei suoi movimenti, e leggo come per molti di loro si è trattato di un evento non ripetibile, ed invece penso a come il maestro abbia elaborato una didattica ben precisa, tesa ad acquistare una ben precisa forma, e che questa didattica non è andata perduta ma viene tenacemente portata avanti dai suoi allievi, che si incontrano, confrontano e portano avanti quell’eredità. E questo credo non valga solo per il maestro Fujimoto ma sia un lavoro comune di tutti quei responsabili di dojo senza nomi altisonanti che si muovono sul territorio rispondendo prima di tutto ad un forte senso di responsabilità.
Detto questo, se in particolare siete interessati all’Aikido del maestro Fujimoto, e volete assaggiare il lavoro che egli ha proposto per anni, invece di sospirare davanti ai suoi video vi invito a ritrovarci sul tatami in occasione dello stage che ospiterò a Roma con gli stessi insegnanti che quest’anno hanno condotto il seminario per i 5°-4°-3° kyu a Milano, i maestri Bottacin e Benevelli.
Qui sotto la foto della locandina.
La nostra vecchia pagina dei video
montaggio video della pratica durante le lezioni al Kikai dojo, sono passati un po’ di anni da allora.
parte di una breve dimostrazione tenuta al liceo scientifico Landi di Velletri durante la giornata dello studente del febbraio 2009
alcuni video del maestro Fujimoto nostro punto di riferimento per la didattica dell’aikido
Come ho cominciato la pratica dell’Aikido
Il brano che segue è tratto dalla vecchia pagina introduttiva del sito, e racconta come abbia cominciato la pratica dell’Aikido:
“La prima volta che sentii parlare di aikido ero ancora uno studente, tutto ciò che riuscii a mettere insieme fu una serie di notizie confuse: chi parlava di questa arte marziale come fosse una danza, chi ne esaltava la sua derivazione dalle tecniche di spada dei samurai, alla fine mosso dalla curiosità decisi di andare a vedere una lezione all’unico dojo di cui avevo reperito l’ubicazione, la vecchia sede del dojo centrale di via Eleniana, ebbi la sfortuna e l’ingenuità di non trovarvi alcuna lezione non essendomi informato preventivamente degli orari.
Per circa un anno la mia curiosità si sopì, finché una sera dell’estate del 1995 mi imbattei nell’ultimo frammento di una manifestazione di arti marziali che trasmettevano in tv, c’era un anziano giapponese, molto magro e dalle orecchie a sventola, vestito con degli ampi pantaloni grigi, che ripetutamente proiettava il suo attaccante con il minimo sforzo apparente, rimasi istantaneamente affascinato e mi ero appena deciso a praticare l’arte in questione quando scoprii grazie al commentatore che stavo osservando proprio l’aikido.
Iniziai a praticare ad ottobre, ma fu solo dopo un po’ che scoprii che la manifestazione che ero riuscito a seguire in tv era una ripresa della celebrazione del trentennale dell’Aikikai d’Italia, che cadeva nel 1994, trasmessa in ampia differita proprio per me, o almeno così mi piace pensare, e che l’elegante signore in questione era Kisshomaru Ueshiba, nientemeno che il figlio del fondatore dell’aikido e a quel tempo referente principale di tutti i praticanti nel mondo. Insomma avevo avuto la fortuna di osservare l’arte quando vive tramite una persona.
Kisshomaru Ueshiba è rimasto per me una figura speciale, ancor più negli anni quando ho scoperto che la diffusione e la portata dell’aikido nel mondo è stata principalmente merito suo, e sebbene possa sembrare strano, ancor più quando ho realizzato quanto difficile debba essere stato essere figlio di un personaggio ormai leggendario come O’Sensei, è davvero difficile crescere all’ombra di un personaggio così grande e trovare il proprio posto al sole senza clamore, evidentemente Kisshomaru Ueshiba riusciva a portare la sua eleganza ben al di fuori del tatami.
E’ naturale che oggi io dedichi questo sito e il dojo alla sua memoria. KisshomaruUeshibasensei, doumoarigatougozaimashita.”
Marco D’Amico