About mark

Marco D'Amico (1976) inizia a praticare aikido nell'ottobre del 1995, presso il Seiki dojo a Roma, con il maestro Franco Martufi (V dan aikikai). Nel 1997 segue per un anno le lezioni presso il dojo centrale tenute da Alberto Anzellotti (V dan aikikai). Nel 1998 torna a praticare al seiki dojo passato nelle mani di Adriano Olmelli (IV dan aikikai), ed

La pratica dell’Aikido

Più di una volta al giorno mi chiedo e mi chiedono che cosa sia l’Aikido. Quando mi rivolgo questa domanda è soprattutto perché mi ritengo un cercatore, e credo che quando facciamo una ricerca sia importante avere chiara l’idea di dove si voglia arrivare. Allo stesso tempo però c’è qualcosa di sbagliato in questo porsi un obiettivo, perché in qualche modo chiude e restringe il nostro orizzonte, quando il nostro sguardo si fissa in un punto, è vero che raggiungiamo un maggiore grado di concentrazione, ma nello stesso momento non siamo più aperti, non siamo più disposti allo stupore, e cambiare, lasciare ciò che già conosciamo per lasciarci venire incontro qualcosa di nuovo, non è possibile. Certo esistono diversi livelli, per un principiante è importante avere chiaro che cosa si pretende da lui, ma da un certo punto in poi, se vogliamo raggiungere un certo grado di raffinatezza, è necessario essere disposti a sentire anche un semplice mormorio, e per quanto si possa crederlo questo non può avvenire se la mia volontà come un urlo procede in un’unica direzione. Come un uomo che scala una montagna e si ferma, con un animo aperto e sereno, stupito di fronte alla bellezza della natura, dobbiamo essere in grado di sentire l’eco più leggero. Cosa è quindi l’Aikido? Ora, in questo momento, credo sia soprattutto la pratica. Non la pratica di chissà quali esercizi esoterici, ma la pratica semplice, quotidiana. Quel lavoro sul tatami, e non, che ci porta a lavorare la stessa cosa con persone diverse, o con la stessa persona senza fermarsi anche per ore. Non parlo di una pratica passiva, ma di un lavoro con il proprio compagno che è disponibile ma attento, di un ripetersi di gesti all’apparenza meccanici ma fatto in modo vigile. Una pratica sul presente. Quale che sia il livello del compagno, la sua forza, la sua costituzione, è importante non uscire dalla pratica, parlare, insegnare, commentare ci portano fuori e non ci permettono di fare Aikido. Bisogna lavorare sulla traccia della tecnica offerta dall’insegnante, e affidarsi al ritmo, cadere e rialzarsi, osservare gli infiniti aggiustamenti che avvengono, le piccole differenze tra un’esecuzione e l’altra. Trovare il respiro, e soprattutto la forza. Non intendo quella fisica, che serve eccome, ma quella corrente che ci cattura e ci permette di non fermarci. Si deve intrecciare un rapporto di distanze, tempo, sensazioni con il compagno, e superare la rabbia, la paura e il dubbio diventa possibile. Quando la pratica ci porta al silenzio, che non vuol dire essere fermi e non fare rumore, ma il contrario, il movimento continuo che varia e ci trascina, allora lì da qualche parte comincia l’Aikido. Se si vuole “fare” Aikido, la pratica deve venire prima di tutto il resto. Parlare, sentirsi stanchi, provare resistenza ad andare agli allenamenti è comprensibile, sono cose che capisco e che faccio, ma bisogna vedere che tutto comincia con la pratica. Anche un libro scritto dal fondatore o da uno dei tanti geni che hanno sviluppato e fatto crescere l’Aikido vale meno di un’ora di pratica. Salire sul tatami e in modo sincero dare e ricevere senza interruzioni, ascoltando, lasciandosi a disposizione, conta infinitamente. Conta forse più di inseguire un grande maestro, perché se con sincerità lavorate con il vostro compagno, in quel momento, avrete già tutto il materiale su cui lavorare di cui potrete mai avere bisogno, indipendentemente dalla qualità dell’altra persona. Dobbiamo abbandonarci, lasciare tutto, e far si che la pratica diventi viva, non più un mezzo per giungere altrove, ma qualcosa dotata di un proprio valore, allora al suo concludersi potremo provare un senso sincero di ringraziamento.

Raduni 2014/2015

Con i corsi avviati a pieno regime in tutti i nostri dojo abbiamo ripreso la consueta pratica intensa, ma anche il normale studio svolto all’interno del dojo necessita di trovare presso insegnanti esterni il suo naturale complemento. Quindi preparate il keikogi da viaggio, l’agenda degli appunti e riscaldatevi, anche questo sarà un anno impegnativo!
Qui trovate la sezione raduni aggiornata!
Lo so, vi chiederete ma qual è l’anno che se ne stamo in panciolle? Eeeeeeeeeeeeh ce ne sta di tempo per riposà!

Raduni aggiornamento!

Abbiamo fatto un bell’aggiornamento della pagina raduni. Speriamo di incontrarvi come sempre sul tatami. O che magari, se siete di Roma o dintorni, ci contattiate per viaggiare e condividere questa esperienza insieme. Ricordo ai responsabili di dojo che non hanno mai frequentato gli stage per mu e 6° kyu, o quello per i 5°-4°-3° kyu, che se accompagnano gli allievi li possono frequentare gratuitamente.
ciao marco

p.s. abbiamo anche aggiunto un nuovo video su youtube, divertitevi

Stage del maestro Bottacin

Sabato 7 e Domenica 8 dicembre si rinnova l’appuntamento annuale con il m. Fabrizio Bottacin. Sarà una nuova occasione per confrontarci con uno sguardo lievemente diverso alla nostra pratica sempre restando nell’ambito della didattica del m. Fujimoto. E dati i recenti cambiamenti che ci sono stati negli orari e nei corsi sarà anche la prima occasione perché chi pratica nel gruppo Kikai si ritrovi tutti assieme sullo stesso tatami. Speriamo anche di incontrarci con chi venendo da fuori (siamo già pronti ad ospitare i pordenonensi) vorrà avvicinarsi per la prima volta a questo validissimo maestro. Vi aspettiamo per praticare insieme alla palestra Yoshokan ad Ostia, sulla locandina trovate tutte le informazioni. Se avete bisogno di un passaggio non esitate a contattarci, troveremo un modo per organizzarci.
ciao Marco

Orari anno 2013-2014

Vi consiglio di fare un salto sulla pagina orari che abbiamo appena aggiornato. Ci sono delle significative novità soprattutto per quanto riguarda il Kikai dojo di Roma. Da settembre 2013 avvieremo un’importante collaborazione con il centro sportivo Kiflow all’Infernetto e con la palestra Yoshokan ad Ostia. Ci saranno due corsi di due giorni, e gli allievi a seconda delle proprie esigenze potranno optare se praticare 2,3 o 4 (fermateli vi prego!!!) volte a settimana. il KiFlow è un posto molto bello, ben organizzato e facilmente accessibile, la Yoshokan è un dojo che è parte della storia delle arti marziali a Roma.
L’AiKikai Velletri continuerà a svolgere i corsi nello stesso orario, andando a consolidare sempre di più la propria identità.
Al dojo di Terni concentreremo la pratica nei giorni di mercoledì e venerdì, vogliamo dare un nuovo slancio e un più solido apporto ad un gruppo inserito in un territorio che attraversa una fase critica.
Noterete che anche quest’anno mi sono reso disponibile a lezioni private, sono due anni ormai che vivo questa esperienza e con un certo orgoglio posso dire che ha dato ottimi frutti, potete contattarmi privatamente se siete interessati.
Spero, come sempre, di incontrarvi prima di tutto sul tatami, per condividere con voi la nostra pratica.
Saluti
Marco

Stage del maestro Foglietta

Domenica 9 dicembre, il dojo Kikai organizza uno stage del maestro Foglietta a Roma. Abbiamo cercato una sede adatta e l’abbiamo trovata in una palestra storica del capoluogo: l’Audace. La sala Gigli dell’Audace è da molto tempo adibita a dojo e vi si svolgono lezioni di Judo e Aikido, è un luogo pregno di storia, basti sapere che dal 1915 ad oggi ha ospitato campioni di boxe e di scherma, ed è tutelata dalla Protezione dei Beni Culturali. Il dojo si trova vicinissimo alla fermata di metro Colosseo (sono due fermate sulla linea B dalla stazione Termini), a due passi da questa storica arena. Abbiamo stabilito l’orario di inizio lezione nella tarda mattinata in modo che anche chi viene da fuori riesca a partecipare con meno difficoltà. L’anno scorso nel portare il maestro Foglietta a Velletri ci siamo proposti in primis di far conoscere questo ottimo maestro qui da noi, ma soprattutto di portare avanti la tradizione dell’insegnamento della didattica del maestro Fujimoto a Roma. Chi già conosce e apprezza quella didattica o volesse avvicinarvisi può spendere una giornata sul tatami praticando con impegno insieme a noi, daremo il massimo per lasciarvi stanchi ma soddisfatti. Spero di vedervi sul tatami e di poter praticare con ognuno di voi.
ciao Marco

Aikido e lingua giapponese 1

Volevo mettere giù per iscritto alcune osservazioni che si ripetono spesso durante la pratica, e che magari possono aiutare gli allievi a comprendere più facilmente alcuni termini.
i verbi della lingua giapponese si dividono in tre gruppi: godan, ichidan e irregolari. Godan vuol dire in modo semplice che quando questi verbi vengono coniugati lo si fa usando le 5 desinenze (parte finale della parola) tipiche dell’alfabeto sillabico giapponese, cioè si seguono i cingue (五=go) gradini (段=dan) del classico schema dell’alfabeto:

A Ka Sa Ta Na Ma Ya Ra Wa N
I Ki Shi Chi Ri
U Ku Su Tsu Ru
E Ke Se Te Re
O ko So To Ro

mi sono limitato alle prime quattro colonne perché comprendono sia la regola che le eccezioni, a-i-u-e-o e ka-ki-ku-ke-ko sono normali, la colonna del gruppo sillabico sa e ta presentano alcune eccezioni (shi,chi, tsu), il resto è sostanzialmente regolare, ha giusto qualche buco.
i verbi del gruppo ichidan, uno scalino, si coniugano solo sulla radice dello scalino -e, li vedremo meglio un’altra volta.
i verbi irregolari fanno come gli pare ovviamente.
Torniamo ai godan, e scegliamo due verbi che usiamo spesso per illustrare la facilità della coniugazione per questo caso specifico (uno segue la colonna -ra regolare, l’altro la colonna -ta che ha più eccezioni) : 切る kiru e 打つ utsu.

U-questa desinenza ci da il verbo all’infinito e al presente nella forma piana (un modo di esprimersi da usare solo tra conoscenti): 切る kiru = tagliare, o io taglio, tu tagli etc… e 打つ utsu = colpire, io colpisco etc..

I-questa desinenza ci da la base per costruire l’infinito e il presente nella forma -masu -ます, un modo di esprimersi già più cortese: 切ります kiri+masu = tagliare, o io taglio, tu tagli etc… e 打ちます uchi+masu = colpire, io colpisco etc… Nota bene che i verbi con -masu si comportano come un verbo godan che segue la colonna -sa.

E-questa desinenza ci permette di costruire una forma d’imperativo molto forte, e che fuori contesto risulta cafona, ma nell’ambiente delle arti marziali si usa spesso un po’ a mo’ di sfida: 切れ KIRE! = TAGLIA!! 打 UTE! = COLPISCI(MI)! , credo che tutti si ricordino l’esercizio proposto dal maestro Fujimoto dove tori al centro di un gruppo di persone armate di bokken ordinava di essere attaccato. Questa forma di imperativo si addolcisce e diventa una forma di incoraggiamento tipica quando usiamo il verbo 頑張る がんばる gambaru = persistere, avrete sentito in qualche occasione i giapponesi incitarsi (o incitarvi) con l’urlo がんばれ GAMBARE! = RESISTI!

O-questa desinenza ci permette di costruire la forma volitiva, cioè quella dove si propone, a noi e ad altri, di fare qualcosa. Con kiru e utsu non mi viene in mente alcun esempio sensato, prendiamo in prestito はじめます hajimemasu = cominciare, quante volte ad inizio lezione avrete sentito はじめましょ hajimemasho = “forza cominciamo!”

A-questa desinenza ci permette di costruire la forma negativa, aggiungendo dopo la -a NAI: 切らない kira+nai = non tagliare, o io non taglio, tu non tagli etc… e 打たない uta+nai= non colpire, io non colpisco etc…Per esempio quando lavorate a ritmo con il vostro compagno, senza distrazioni, con la piena consapevolezza dello zanshin fra una tecnica e l’altra lo farete magari perché il maestro vi ha invitato a
“気を切らない ki o kiranai = non recidere il ki” a non interrompere quella condizione mentale ed emotiva che vi lega al compagno

Bene, vi ho dato un’idea di base di come coniugare i verbi godan, provate a giocare con questi verbi:
aruk-u = camminare (il volitivo lo sentite chiaramente nella canzoncina di totoro)
or-u = piegare
kik-u = ascoltare
mawas-u= girare, ruotare

Aggiungo un ultimo punto, quando per i verbi godan usiamo la desinenza in -i senza aggiungere altro otteniamo la sostantivizzazione del verbo, è una cosa molto importante nella nomenclatura dell’aikido, perché si usa moltissimo nei composti. 切り kiri vuol dire il taglio (o il tagliare), 打ち uchi vuol dire il colpo (o il colpire). Avremo allora 四方切り shi(4)hou(direzioni)giri(taglio) il taglio in quattro direzioni, 横面打ち yoko(orizzontale,laterale)men(superficie)uchi(colpo) il colpo alla tempia.

magari su questo tipo di uso torneremo altre volte perché ci sono moltissimi esempi, provate ad immaginare il significato di uchimawashi e sotomawashi.

ciao
marco

La nostra vecchia pagina dei video

montaggio video della pratica durante le lezioni al Kikai dojo, sono passati un po’ di anni da allora.

parte di una breve dimostrazione tenuta al liceo scientifico Landi di Velletri durante la giornata dello studente del febbraio 2009

alcuni video del maestro Fujimoto nostro punto di riferimento per la didattica dell’aikido




Come ho cominciato la pratica dell’Aikido

Il brano che segue è tratto dalla vecchia pagina introduttiva del sito, e racconta come abbia cominciato la pratica dell’Aikido:

“La prima volta che sentii parlare di aikido ero ancora uno studente, tutto ciò che riuscii a mettere insieme fu una serie di notizie confuse: chi parlava di questa arte marziale come fosse una danza, chi ne esaltava la sua derivazione dalle tecniche di spada dei samurai, alla fine mosso dalla curiosità decisi di andare a vedere una lezione all’unico dojo di cui avevo reperito l’ubicazione, la vecchia sede del dojo centrale di via Eleniana, ebbi la sfortuna e l’ingenuità di non trovarvi alcuna lezione non essendomi informato preventivamente degli orari.

Per circa un anno la mia curiosità si sopì, finché una sera dell’estate del 1995 mi imbattei nell’ultimo frammento di una manifestazione di arti marziali che trasmettevano in tv, c’era un anziano giapponese, molto magro e dalle orecchie a sventola, vestito con degli ampi pantaloni grigi, che ripetutamente proiettava il suo attaccante con il minimo sforzo apparente, rimasi istantaneamente affascinato e mi ero appena deciso a praticare l’arte in questione quando scoprii grazie al commentatore che stavo osservando proprio l’aikido.

Iniziai a praticare ad ottobre, ma fu solo dopo un po’ che scoprii che la manifestazione che ero riuscito a seguire in tv era una ripresa della celebrazione del trentennale dell’Aikikai d’Italia, che cadeva nel 1994, trasmessa in ampia differita proprio per me, o almeno così mi piace pensare, e che l’elegante signore in questione era Kisshomaru Ueshiba, nientemeno che il figlio del fondatore dell’aikido e a quel tempo referente principale di tutti i praticanti nel mondo. Insomma avevo avuto la fortuna di osservare l’arte quando vive tramite una persona.

Kisshomaru Ueshiba è rimasto per me una figura speciale, ancor più negli anni quando ho scoperto che la diffusione e la portata dell’aikido nel mondo è stata principalmente merito suo, e sebbene possa sembrare strano, ancor più quando ho realizzato quanto difficile debba essere stato essere figlio di un personaggio ormai leggendario come O’Sensei, è davvero difficile crescere all’ombra di un personaggio così grande e trovare il proprio posto al sole senza clamore, evidentemente Kisshomaru Ueshiba riusciva a portare la sua eleganza ben al di fuori del tatami.

E’ naturale che oggi io dedichi questo sito e il dojo alla sua memoria. KisshomaruUeshibasensei, doumoarigatougozaimashita.”

Marco D’Amico